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Quando Platone, nella sua piena maturità, scrive il Simposio, in Grecia il tema dell'amore è già stato ampiamente oggetto della riflessione dei poeti lirici, ma anche dei poeti tragici che lo intendono sullo sfondo del mondo del mito. Nulla di "romantico" in questa visione: Eros è potenza primordiale, temibile, domina l'uomo conducendolo dove vuole, anche a rovina a volte. Forza cosmica indomabile, descritta con tratti inquietanti, superiore agli uomini ma anche agli stessi dèi. Alle origini della cultura greca a noi nota attraverso la scrittura, Eros appare con i duplici tratti della dolcezza e della forza indomabile. Il tema filosofico dell'amore ha dunque questo come proprio oggetto sin dalle origini nel mito: · Eros come forza cosmica, irresistibile, legata alla generazione attraverso il desiderio, che oltrepassa la volontà individuale di uomini e dèi; · Eros come desiderio legato al piacere, alla dolcezza, che tuttavia domina, non si lascia dominare; · Eros come potenza creativa che non si lascia imbrigliare in schemi e limiti, ma tende a rompere ogni freno, ogni logica troppo razionale. Per quanto legata alla bellezza, e quindi nel mito ad Afrodite, Eros è dunque potenza temibile e originaria, legata alle radici profonde del nostro essere. Che cosa sappiamo di Eros? Nel mito greco, sia esso un demone o un dio, Eros appartiene comunque alla sfera del divino. Quando i filosofi cominciano ad interessarsi al tema è familiare l'idea che il mito possa avere ragione, che l'amore apra a legami metafisici, come se Eros possa aprire una via per penetrare in una sfera dell'essere che ci è abitualmente preclusa. Il punto è che, in filosofia, è di casa il sospetto che l'essere di dimensioni ne abbia più di una, che la complessità – una pluralità non sappiamo se dominabile, se riducibile ad ordine e unità, o meno – sia il concetto che lo descriva al meglio. Eros in questa complessità potrebbe avere un ruolo, perché è forza cosmica che spiega la generazione, e quindi il movimento stesso dell'essere che genera, dell'essere che è movimento, non stasi. Apparenza e inganno o verità? Nei filosofi, nei poeti e in chi ne è rimasto vittima, è presente il sospetto che Eros in realtà appartenga ad un mondo di apparenze, al sogno di una notte di mezza estate, in versione positiva, ad un vero e proprio inganno, in versione negativa. Una diversa versione di quest'idea è già nel Simposio, che vede qua e là in Eros un "sofista" sempre pronto all'inganno. E in effetti nel gioco della seduzione l'inganno e, semplicemente, la bella apparenza cui non corrisponde nulla nella realtà, non hanno forse un ruolo che può essere importante? Questo può significare: - che Eros apre ad un mondo di apparenza piuttosto che di verità, e questa via di ricerca deve per conseguenza essere abbandonata; - può anche significare che l'essere stesso si esprima attraverso l'apparenza, o l'inganno, che la realtà profonda delle cose sia un enigma difficile da decifrare: che Eraclito o i sofisti abbiamo semplicemente ragione; - che l'inganno vada spiegato in altro modo: Platone proverà a distinguere i piani, e nel Simposio come nel resto delle opere del periodo della sua maturità distinguerà un mondo di apparenze sottoposto al dominio del tempo da un mondo eterno e "vero": Eros lega questi due mondi, ed ecco dunque spiegato il suo doppio volto: apre alla verità ma è legato all'apparenza e all'inganno. Tocca al filosofo platonico imparare a distinguere. Dominio o libertà? Eros è legato al possesso, al potere; ma allo stesso tempo è legato alla creatività, alla liberazione da limiti e regole, alla espressione di sé. Un elemento dell'Eros, scrive Platone, è la creazione nella bellezza mette in gioco e in valore aspetti della multilateralità della vita altrimenti nascosti, sia nella dimensione del corpo, sia nella dimensione dello spirito, come sanno coloro che, speso con sorpresa, hanno visto nascere in sé – innamorati – una dimensione creativa altrimenti sconosciuta Ma Eros chiude gli amanti nel loro rapporto, crea ostilità con chi ne deve rimanere estraneo. Chi ama chiede a chi è amato di rinunciare a una parte di sé, di non dar spazio ad una parte della multilateralità della vita. Sicché apertura all'amato, oppure esclusione di altri aspetti della vita? O l'una cosa paga l'altra? Senza-casa o elemento dell'ordine sociale? Legame tra Eros e società: assomiglia ad un processo di addomesticamento. La potenza originaria di Eros viene imbrigliata e posta al servizio della felicità collettiva e individuale, a difesa della vita. Che ne è del "senza-casa" che dorme sempre sulla nuda terra, sotto le stelle? L'ordine sociale non caccia via da sé questo Eros, addomesticandolo? Eros legato al tempo o all'eterno? Legame tra Eros e vita, tra Eros e moralità: Eros è una delle manifestazioni dello spirito che elevano l'uomo alla sfera dei valori, di ciò che più intimamente conta, ma a differenza di molte altre sfere della cultura mantiene, insieme, un legame con la sensibilità e un legame con ciò che vale senza tempo. Per Platone Eros lega la sfera del tempo alla sfera dell'eterno. Non sfidano forse il tempo gli amanti? Non chiedono amore eterno, senza tempo? Esiste un ordine morale del mondo? L'idea di fondo del platonismo è che esista un ordine morale del mondo ed Eros ne è parte. Ma la domanda è se vi è davvero un ordine morale, o non piuttosto soltanto un equilibrio di forzei. Se l'errore è nel mito… … o nella lettura platonica del mito, o meglio nella nostra incapacità di abbandonare questa lettura una volta scoperte le basi biologiche della vita e le leggi che le governano nel loro intrecciarsi con la sfera della cultura. Tutto ciò che può essere governato, è nella responsabilità di chi governa. Se l'Eros è dominabile, e non è affatto "irresistibile", e nulla del mistero che lo circonda è davvero tale, che cosa faremo di fronte ad esso? Se diventerà possibile controllare l'amore, l'umanità dovrà controllarlo? Ne verrà fuori una società più umana o meno umana? Temi del Simposio Forse è utile partire dalla riflessione di uno studioso francese di Platone, Léon Robin, che nell'introdurre allo studio del Simposio scrive:: "Il Simposio forma con il Fedone un insieme unitario, sia perché nell'uno e nell'altro è presentata l'elevazione dell'anima verso l'Ideale, sia per il contrasto nelle circostanze: il primo dialogo mostra quale sia l'atteggiamento della filosofia verso la vita, il secondo quale sia l'atteggiamento di fronte alla morte. Mentre tutti i convitati dormono nella sala del simposio, soltanto tre sono ancora svegli: Socrate, il simbolo della Filosofia, Aristofane e Agatone, che rappresentano l'uno la Commedia, l'altro la Tragedia; la Filosofia non ha perduto affatto la sua lucidità, mentre gli altri due son lì lì per assopirsi. Ciò che la Filosofia dimostra loro è che entrambe sono arti incomplete: altrimenti, ciascuna dovrebbe saperci fare anche nel campo dell'altra. Senza dubbio riuscirebbero a farlo se potessero appoggiarsi su una conoscenza vera e integrale. Ma questa base solo la filosofia è in grado di fornirla. Vi sono di conseguenza molti temi come in ogni dialogo platonico, anche il più breve e il più "tematico", e questo per la natura stessa del genere letterario del dialogo, e della stessa dialettica come forma di ricerca in Platone. Significa però che tutti i temi seguono questo filo conduttore: tutti convergono nell'indicare quale debba essere l'atteggiamento della filosofia verso la vita. In questo senso quelli che adesso indicheremo vanno considerati come i temi musicali che compongono una sinfonia: è possibile nell'insieme isolare e seguire l'uno o l'altro, ma la sinfonia mantiene una sua unità. Qual è la natura del nostro desiderio? Che cosa desideriamo davvero desiderando un'altra persona? E' difficile comprendere esattamente che cosa desideriamo. Nel Simposio questo tema dà luogo ad un'analisi profonda delle radici del desiderio. La radice del nostro desiderio sia da cercare nella sostanziale incompletezza della nostra stessa identità che ci porta a cercare l'anima "gemella" oppure che la radice del desiderio sia nel fatto che ciò che ci manca (ciò che non siamo, prima ancora di ciò che non abbiamo) ci spinge al desiderio di possesso Che cosa, esattamente, cerchiamo nell'altro? Che cosa esattamente, vogliamo dall'altro? Gli innamorati "che passano la loro vita gli uni accanto agli altri non saprebbero nemmeno dire cosa desiderano l'uno dall'altro. Non è possibile pensare che si tratti solo delle gioie del far l'amore: non possiamo immaginare che l'attrazione sessuale sia la sola ragione della loro felicità e la sola forza che li spinge a vivere fianco a fianco. C'è qualcos'altro: evidentemente la loro anima cerca nell'altro qualcosa che non sa esprimere, ma che intuisce con immediatezza." Studiare la natura del nostro desiderio che cosa può dirci sulla nostra identità? Il tema del desiderio apre dunque al tema, filosofico per eccellenza, della nostra identità. Ciò di cui si discute nel Simposio è da questo punto di vista semplicemente la risposta alla domanda: chi siamo? chi sono io? (o, in forma più esplicita: chi è realmente il mio io?) Eros ci costringe ad andare alle radici del nostro io perché lo mette in discussione, ne svela l'identità: mette a nudo ciò che siamo e ciò che non siamo e vorremmo essere. C'è nell'Eros qualcosa che turba profondamente il nostro io, che lo mette in questione. Ma chi siamo in realtà? Esseri di natura spirituale che hanno un corpo? Esseri incompleti nella loro natura? Oppure esseri misti, anime e corpi alla ricerca di una impossibile unità con noi stessi o con altri? Se la vita ha un temine naturale, perché aspiriamo a vivere per sempre, desideriamo l'immortalità? Gli amanti, nel loro presente, si dichiarano l'un l'altro amore eterno, si dicono che si ameranno per sempre. Non accettano il tempo – il costruttore, il distruttore, – fanno persino fatica ad accettare il fatto che il passato è stato diverso, scacciano il pensiero di un futuro diverso dal loro amore. Ma l'uomo è creatura del tempo. Vuole che il presente sia eterno. Vuole la pienezza dell'amore non soltanto nel futuro, senza limiti: vuole Eros intero, integro, uno, tutto e adesso per sempre. E quindi senza tempo. L'amore può davvero aprire all'eterno? Perdersi negli occhi di un'altra persona – perdersi davvero, o ritrovare davvero se stessi – può davvero essere una via per superare la nostra finitezza? Si tratta di sapere cosa trovano gli amanti su questa via… Filosofia come amore della sapienza Il Simposio è per certi versi un atto d'amore verso la filosofia. All'inizio del dialogo e alla fine della filosofia si dice che con essa "si prova la gioia più grande" e di Socrate, il filosofo per eccellenza, che "chi lo ascolta è portato verso le cose più alte". Qualcosa del contesto rimanda ad una pratica di riflessione che coinvolge tutta la persona. Tutt'altro che un puro esercizio intellettuale. Ma forse il luogo più celebre sul concetto platonico di filosofia è il passo che segue la narrazione del mito della nascita di Eros, in cui Eros stesso è definito filosofo perché a metà tra l'ignorante e il sapiente, ma con un grande desiderio di sapere. Questo tema apparentemente è del tutto diverso e indipendente dai precedenti, ma non è così. I desideri della completezza di sé, dell'immortalità, della creatività, trovano la loro radice in questa forza profonda che ci spinge verso le cose più alte. Contemplazione della bellezza Sembra che contemplando la bellezza di un'altra persona, e imparando davvero a goderne sia possibile elevare il proprio spirito ai più alti gradi della felicità associati alla contemplazione della bellezza. La nostra anima, inquieta, mediante Eros – un Eros difficile, estremamente impegnativo, un percorso tanto duro quanto quello dello schiavo che esce dalla caverna – trova un mondo inaspettato, quasi una rivelazione.

Nell'antichità greca l'amore è divinizzato col nome di Eros. Delle sue qualità e del suo potere parla Platone soprattutto in due dialoghi intitolati Il Fedro ed Il Simposio. Nel primo di essi ad Eros è attribuita la funzione di elevare l'anima alla contemplazione della bellezza in se stessa. Nella prospettiva platonica, l'amore non è contrapposto alla conoscenza, ma tende piuttosto a identificarsi con la filosofia. Per il Cristianesimo l'amore perfetto e legittimo è quello che, attraverso il rapporto scambievole, riconduce l'uomo a Dio, egli stesso inteso come amore. La sessualità non è condannata in quanto tale, ma solo se trattiene l'uomo sul piano di un amore esclusivamente mondano, impedendogli di ricongiungersi con Dio. Nell'età moderna l'intreccio fra amore e conoscenza e l'indistinzione fra erotismo e sessualità lasciano il posto ad una concezione radicalmente differente. Da un lato infatti l'amore è sempre più spesso rappresentato come un fanciullo alato e bendato, che scocca i suoi dardi accecando, vale a dire privando della conoscenza, coloro che ne restino colpiti. Dall'altra parte l'erotismo si distingue sempre più nettamente dalla sessualità, la quale viene assunta come forma inferiore e degradata di amore. In entrambi i casi si assiste al sopravvento di categorie e giudizi morali, sulla base dei quali si tende a dichiarare legittimo solo quell'amore che non si riduca alla semplice sessualità.

LE NOSTRE DOMANDE: -Come è visto il sesso in relazione all'amore odiernamente? -E' possibile trovare il vero amore e che cos'è? -Perché comportamenti come “farsi” tante persone sconosciute stanno prendendo così piede tra la gente? -Cosa ne pensate della prostituzione? -Perché la visione dell'amore è cambiata nel corso del tempo?